Si tratta di un progetto che ha come finalità il rafforzamento del legame sociale tra richiedenti asilo ospitati da Tahomà e la comunità autoctona del Casentino, attraverso la condivisione di tradizioni culinarie, di competenze in cucina, del cibo in tutte le sue declinazioni.
L’idea nasce dalla caratteristica del modello di accoglienza diffusa per cui da un lato riesce a rendere indipendenti i richiedenti asilo sul territorio, evitando la ghettizzazione e anzi, promuovendo il contatto diretto con la comunità locale. Ciò che rimane escluso dai principi dell’accoglienza diffusa è però l’importanza della conoscenza del territorio e delle tradizioni attraverso molteplici esperienze; Tahomà ha individuato infatti nella condivisione di sapori e nella conoscenza della cucina quella più significativa ai fini di una sensata inclusione sociale. Ciò permetterebbe ai richiedenti asilo un avvicinamento alla terra che li ospita ed indurrebbe all’utilizzo di materie prime che non sapevano cucinare. L’appartenenza ad un luogo si conquista anche attraverso profumi, sapori e materie prime. I richiedenti asilo vengono da paesi lontani, dove, non solo crescono ortaggi e frutti differenti, ma anche con stagionalità differenti. L’adattamento ad un nuovo paese significa anche comprendere come funziona il ciclo delle stagioni e ciò che si può trovare durante ognuna di esse. A ciò viene indissolubilmente legato il fattore economico; gli stranieri infatti, utilizzano materie prime nella loro cucina che spesso sono fuori stagione e dunque notevolmente più care, oppure ricercano esclusivamente materie prime importate dai loro paesi ed anche in quel caso necessariamente più costose.
La finalità del progetto riguarda la partecipazione attiva e l’integrazione anche dal punto di vista di quella parte della comunità locale che sarebbe maggiormente coinvolta: la popolazione anziana del Casentino. In questo caso, le donne anziane del luogo potrebbero non solo sfruttare le loro capacità e conoscenze culinarie da trasferire ai giovani stranieri (diventando esse stesse la parte vitale del progetto), ma anche prendere parte attivamente a un’esperienza aggregativa del tutto nuova, in grado di scardinare falsi stereotipi e costruire nuovi rapporti solidali.
Attraverso dei corsi di cucina tenuti dalle signore, i richiedenti asilo potrebbero imparare a conoscere le materie prime, il loro utilizzo, i benefici che una cucina sana e antica potrebbe portare. Imparerebbero nuove ricette e dunque come sfruttare al meglio le stagionalità, potrebbero imparare la storia che si cela dietro ai tipici piatti del luogo, che sono il risultato di una conoscenza geopolitica del luogo in questione. Le anziane signore saranno nuovamente protagoniste, tramandando le tradizioni della cultura culinaria casentinese, in parte riappropriandosi di quell’importante ruolo di riferimento che hanno avuto per tutte le generazioni passate, ed in altra, lasciando in eredità ricette antiche e segreti per un’ infallibile valorizzazione di ogni ingrediente presente in cucina.
Nello specifico il progetto mira a promuovere tra i richiedenti asilo l’Educazione alimentare, e quindi a far sviluppare una sensibilità al riciclo del cibo e al risparmio economico. Si propone inoltre di raggiungere un adeguato sviluppo del senso di appartenenza al territorio ospitante una conoscenza autentica delle tradizioni e lo sviluppo di rapporti interpersonali in grado di rafforzare due gruppi sociali vulnerabili.
I partecipanti sono quattro ospiti dell’associazione Tahomà che seguiranno le lezioni di cucina tenute dalle cuoche invitate per il progetto. La selezione dei partecipanti seguirà criteri specifici: conoscenza della lingua italiana, desiderio di integrarsi e di imparare nuove realtà, passione per la cucina